domenica, febbraio 8

CRONOS

Per quanto visto sinora, l'Uomo Rinascimentale é colui che con metodo razionale e scientifico, quindi basato su logica e causa ed effetto, vuole sperimentare e comprendere in prima persona la realtá che ci circonda, con l'umiltá di riconoscere i propri limiti, fra questi inclusa la possibilitá che la realtá stessa non si limiti a quella empirica, ammettendo quindi l'esistenza del libero arbitrio.

Appare evidente che questa formazione non ha un punto di arrivo, ma é un cammino di maturazione continuo, uno stile, un modus vivendi che ci eleva da spettatori (o peggio, vittime) a protagonisti della propria vita. Ancora una volta alla mera acquisizione del sapere si aggiunge quindi la formazione di un adeguato carattere [1], ovvero il prodotto di come decidiamo di farci influenzare dalle esperienze passate con la nostra predisposizione naturale.

Guardando la vita di un uomo, possiamo riscontrare numerose somiglianze con la storia dell'umanitá, e puó accadere che all'interno di una vita si attraversi piú volte questo susseguirsi di stagioni, per motivi culturali o emotivi: periodi da illuminista o da romantico, periodi di spensieratezza (o immaturitá) giovanile alternati da saggezza (o disincanto) senile.  E ogni volta ci si trova costretti, ma non sempre pronti, a ripartire da zero verso un nuovo ciclo, trainati dalla consapevolezza acquisita nelle esperienze e riflessioni precedenti, o affossati dalla delusione, dai sentimenti negativi e dalla confusione lasciati dal nostro passato. In sostanza, non esiste la quiete ma solo i circoli virtuosi e viziosi.

Capire (non necessariamente conoscere) la storia é quindi fondamentale per capire noi stessi, e convincersi che la bellezza di questo processo non risiede nel raggiungere un inarrivabile punto di arrivo, ma nella piena comprensione delle metamorfosi che avvengono dentro ed attorno a noi. Rigettando il simbolismo [2] che attribuiamo a persone, oggetti e situazioni, necessario per avere un "fine" a cui tendere, possiamo apprezzare e godere della realtá per quello che veramente é in ogni istante.

Viviamo nella paura dell'incedere degli anni, nel rimorso di non aver saputo vivere pienamente la nostra vita, e pertanto il tempo passa sempre piú velocemente e aumentano i rimpianti. Bisogna tuttavia riconoscere due fattori:

i) potrebbero esserci infinite vite, ognuna determinata da una nostra scelta in ciascun istante, ma solo una si realizza effettivamente e non la possiamo controllare, per cui dobbiamo "accettare attivamente" il nostro destino* senza farci ingannare dalla nostra immaginazione;

ii) in questo panta rei esistenziale, ognuno ha un proprio scopo ed usciti dalla prima parte di vita prevalentemente spensierata, passionale e formativa, c'é ancora un lunghissimo periodo di possibili e interessanti cambiamenti, fino a giungere al fondamentale compito di essere una guida per gli altri.

In conclusione, rimpiangere vite non esistenti e periodi irripetibili non é una scelta consigliabile, in quanto potrebbe farci sprecare ció che esiste ed é pieno di opportunitá, solo saremmo troppo distratti per capirlo.

[1] "In solitudine un uomo puó acquisire tutto, ma non un carattere." Stendhal
[2] AA.VV. "I Simpson e la filosofia" cap. "Gustando la cosiddetta "crema ghiacciata": Mr Burns, Satana, e la felicitá"

* non é importante che il destino esista come volontá divina, in quanto possiamo riferirci a esso come semplice insieme di effetti imprevedibili.

sabato, dicembre 27

THYMOS

Affrontiamo ora un dilemma che da migliaia di anni affligge l'uomo, e in particolare l'Uomo Rinascimentale, ovvero l'esistenza del libero arbitrio. Posto che, in quanto animale, l'uomo sia dotato di istinto, ci si puó chiedere se e cosa ci distingua dagli altri animali. La razionalitá non é di per sé sufficiente, in quanto essa é presente anche negli animali, sebbene in stato embrionale, ed é evidente nella capacitá di alcune specie di apprendere dall'esperienza; é possibile paragonare (o meglio modellare) questo processo con diversi algoritmi informatici [1], riproducendo con soprendente efficacia il comportamento di organismi biologici in diverse situazioni non banali [2] come, ad esempio, l'esplorazione dell'ambiente circostante.

Tuttavia non siamo essere perfettamente razionali, altrimenti non si spiegherebbero alcuni paradossi, come le sensazioni di paura o ansia, causate dall'incertezza sullo svolgimento delle azioni future ("scopi"), ma evidentemente controproducenti al raggiungimento degli stessi scopi, ciononostante esse sono sensazioni inevitabili per l'uomo ma totalmente estranee a un essere perfettamente razionale. Di nuovo, possiamo peró argomentare che la paura faccia parte dell'istinto, immaginando quindi che si possa avere una transizione da animale puramente istintivo a computer senza soluzione di continuitá, passando in particolare per l'uomo, e che queste sensazioni siano solo un retaggio ormai inutile dell'evoluzione.

Difatti, possiamo riprodurre artificialmente anche sensazioni e sentimenti con l'informatica e, in linea di principio, anche una manifestazione di consapevolezza, permettendo quindi di automodificarsi imparando dall'esperienza. Tuttavia, riprodurre non significa ricreare; ovvero, qualsiasi riproduzione artificiale costringerebbe un computer solamente a comportarsi come un essere umano, ma non ci sarebbe nessuno a provare tale sensazioni, che esistono solo in quanto un osservatore (chi ha creato l'algoritmo ad esempio) le interpreta come tali.

Allo stesso modo, si puó sostenere che le nostre sensazioni, la nostra consapevolezza di esistere, la capacitá di credere in ció che non possiamo conoscere ("fede"), l'amore (e quindi l'irrazionale) non esistano veramente, bensí siano solamente eventi interpretabili antropicamente come tali, essendo mere manifestazioni di un algoritmo biologico implementato in ciascuno di noi. In altre parole, solo il razionale esiste (il rapporto causa-effetto spiegabile con la logica) e l'irrazionale é un comportamento deterministicamente imposto dall'istinto, risultando pertanto solo appartentemente irrazionale (ovvero non spiegabile).

Ovviamente il libero arbitrio non trova spazio con l'interpretazione vista fin qui. Tuttavia, abbiamo una sottile differenza con un'intelligenza artificiale, ovvero sino ad oggi non é possibile localizzare totalmente nel mondo immanente istinto, razionalitá e volontá, a differenza di come é possibile localizzare un computer e il software che ne genera un comportamento. Come abbiamo visto per le entitá matematiche, non é detto che l'immanenza sia l'unica esistenza possibile, allo stesso modo il mondo dei nostri corpi e delle nostre menti biologiche non é a priori strettamente confinato nel mondo empirico, sebbene la loro restrizione sull'immanente sia tutto ció che possiamo conoscere tramite esperienze sensoriali.

Sembra una spiegazione totalmente non scientifica, in quanto abituati ad identificare la scienza con l'empirismo, tuttavia se non é possibile confinare e scomporre in mattoni semplici ("algoritmo") nemmeno la matematica, la disciplina piú logica e rigorosa che possediamo, come é possibile che la scienza abbia la presunzione di farlo con la mente, eliminando quindi l'esistenza del libero arbitrio, dei sentimenti e generando un'anarchia che potrebbe essere limitata solo da una morale di convenienza, non altrimenti necessaria?

[1] http://it.wikipedia.org/wiki/Intelligenza_artificiale
[2]http://en.wikipedia.org/wiki/Biologically-inspired_computing

lunedì, dicembre 1

LOGOS

Non é mia intenzione indirizzare questo blog verso un argomento specifico, ma verso la formazione completa dell'Uomo Rinascimentale; pertanto, é utile iniziare con una metanalisi, ovvero una riflessione su come riflettiamo. Entra quindi in gioco il linguaggio.

La maggior parte delle persone, vittima dell'educazione occidentale, pensa che la matematica sia una mera tecnica di calcolo, essa é invece la forma di letteratura piú precisa a nostra conoscenza; tuttavia, allo scopo di raggiungere questo traguardo, essa ha dovuto trascurare due elementi espressivi: semplicitá di comprensione e di utilizzo, limitando il proprio campo di applicazione. Difatti, mentre la letteratura classica é stata in grado di spaziare in ogni ambito, la matematica é a oggi limitata alla fisica e alla logica (in realtá ne é un fondamento), e ció che da queste consegue.

Si pongono immediatamente due quesiti fondamentali: ovvero se (i) tutto* sia eprimibile matematicamente e se (ii) tutta la matematica sia riducibile ad operazioni elementari. Iniziamo con un metaquesito: perché questi due quesiti sono cosí importanti?

Brevemente, essendo interessati al linguaggio, (i) afferma banalmente che tutto* é razionale, quindi prima o poi verrá descritto in maniera formale e rigorosa, implicando che la matematica sia nascosta anche sotto ogni aspetto appartenente all'arte, al pensiero o a qualsiasi sentimento; in maniera duale, (ii) afferma che sia concretamente dimostrabile che il tutto* sia limitato alla realtá empirica, mediante una triviale scomposizione di concetti complessi in operazioni piú semplici ("aritmetiche").

Non fornisco risposte personali a queste due quesiti, cosa peraltro non necessaria [1], tuttavia notiamo come mentre ancora non ci sia una controprova efficace a (i), il noto Teorema Di Gödel [2] ha fornito un severo colpo a (ii), mostrando come la scelta della logica alla base del linguaggio determini a priori le sue capacitá espressive (tecnicamente dette "coerenza" e "completezza"), lasciando intuire che, come pensava lo stesso matematico piú influente del XX secolo [3], il nostro pensiero non sia in grado di afferrare direttamente le veritá matematiche, in quanto esse possiedono una "natura" diversa dal linguaggio, unico strumento che sappiamo usare.
 
Questa diversa "natura" [4] induce a interpretare (i) come domanda mal posta, in quanto essendo le entitá matematiche altro rispetto a ció che é esprimibile, il tutto* conterrebbe loro stesse piú ció che é a loro riconducibile, e sarebbe di limitata valenza filosofica sapere che questa riduzione esiste, in quanto la loro natura ci rimarrebbe in ogni caso preclusa.

Che insegnamento possiamo trarre da questa discussione? Provo a fornire i seguenti spunti: il razionalismo materialista, secondo cui esiste solo la scienza, é miope e carente di umiltá verso ció che non possiamo esprimere; l'educazione attuale ci lascia ignoranti di tutto questo, portandoci a sviluppare una posizione dl relativismo umanistico, in cui la scienza é emarginata in quanto techné, oppure verso il suo opposto, rappresentato dal razionalismo materialista; il ragionamento-logico matematico va apprezzato e allenato nel quotidiano, sia perché utile sia perché affascinante almeno quanto una qualsiasi altra forma artistica.

[1] "I computer sono inutili, possono solo dare risposte." Picasso
[2] http://it.wikipedia.org/wiki/Teoremi_di_incompletezza_di_Gödel
[3] http://www.time.com/time/time100/scientist/profile/godel.html
[4] http://it.wikipedia.org/wiki/Platonismo#Il_platonismo_matematico

*qualsiasi cosa significhi questo termine, che ho volontariamente lasciato indefinito in (i)

lunedì, novembre 24

EMPEIRIA

Su cosa possiamo fare affidamento quindi per migliorarci? Analizziamo brevemente i tipici passi che possiamo muovere verso una formazione universale.

- L'accumulo di beni materiali, che rappresentano il nostro successo della vita. Tuttavia ció é esterno a noi stessi e proiettiamo su di loro una finta felicitá come materializzazione dei nostri desideri.

- L'accumulo di nozioni fini a se stesse e scollegate dalla comprensione e dalla concretezza, ovvero la cultura umanistica con cui siamo educati dalla societá occidentale, che non é capace di vedere oltre; pertanto ció che otteniamo sono solo opinioni.

- Il relativismo di riconoscere gli individui come tutti diversi e la caduta di valori che identifica l'uomo come animale dominato quindi solo dall'istinto, porta al rifiuto dei beni materiali e all'anarchia di soddisfare i nostri desideri invece di proiettarli su degli oggetti materiali.

- La razionalitá scientifica, che permette al mondo di manifestare la sua perfetta bellezza e di essere capito; tuttavia essa si limita ad osservare (esperimento o simulazione) e a costruire modelli di comprensione. Le opinioni diventano oggettive, ma é raro che il rapporto con la natura diventi abbastanza profondo da superare l'osservazione, in quanto non sempra razionalizzare significa capire.

- L'esperienza personale, vero anello mancante, in quanto a priori persino nella scienza é possibile autoconvincersi di qualsiasi cosa e del suo contrario; ció accade perché nel ragionamento sfumato della mente, é facile perturbare lievemente una premessa ottenendo drammatici sconvolgimenti nelle conclusioni.

Notiamo come ogni punto di questa lista non possa essere classificato come giusto o sbagliato, ma é fondamentale che ciascuno sia vissuto per trarne un insegnamento, in quanto c'é un grande limite nello studio e nella comunicazione: il linguaggio [1]. La cultura é iniziata con il linguaggio, la scienza l'ha reso razionale ed oggettivo ma questo non basta, é necessaria un'esperienza soggettiva che superi i limiti intrinseci imposti dal suo utilizzo.

[1] Ludwig Wittgenstein, "The limits of my language are the limits of my mind. All I know is what I have words for." 

venerdì, novembre 14

ERGON

Vi siete mai chiesti qual é la differenza fra noi e i grandi personaggi della storia? Probabilmente vi siete risposti una delle seguenti:

i) loro erano persone eccezionali e noi degli inetti che, in qualsiasi modo ci impegnassimo, non riusciremmo ad ottenere i risultati che hanno loro;

ii) loro hanno saputo dedicare la loro vita a una cosa sola, anche noi potremmo se solo ne avessimo il tempo o la voglia;

iii) loro spesso sono state le persone giuste al momento giusto, ma in realtá erano persone come tutti noi;

C'é ovviamente della veritá in tutte queste risposte ma, come accade con ció che viene pensato per sentirsi in pace con la nostra coscienza, essa é solo parziale. In particolare, qualunque di queste risposte non ci solleva dal provare a migliorarci, provando ad affrontare una vita non convenzionale e non (auto)limitata a un'esistenza passiva, trasformata in un trascinarsi di sopravvivenza.

In prima analisi ci pare quindi di dover reagire, ritenendo di poter diventare entrare a far parte dell'eccellenza in qualche campo delle attivitá umane. Ció é tuttavia irrealistico, in quanto é un dato di fatto che gli esseri umani non sono uguali giá fin dalla nascita. Non é quindi a tentare di emergere sugli altri, mostrando di essere migliori, l'obiettivo da prefiggersi in quanto ció (per definizione) non é accessibile da tutti, né tantomeno é l'insegnamento che dovremmo trarre dai grandi personaggi del passato o presente.

Essi si sono distinti dalle altre persone come conseguenza di ció che facevano, ma non era questo il motore che li spingeva. In particolare, in punti i),ii),iii) sopra sono tipici di una posizione sia scettica (ci potrebbero essere talmente tante cause che trovare una risposta é impresa vana) sia accidiosa (aspetto un tempo indefinitamente lungo prima di decidere come agire).

In ultima analisi, é quindi una differenza caratteriale (elemento su cui possiamo lavorare) ció che ci distingue da loro. Avere il coraggio di sperimentare ci porta ad infrangere da subito l'accidia (meglio avere successi e sconfitte con bilancio positivo che stare fermi non migliorando) e, a piccoli passi, lo scetticismo di chi non sperimenta in prima persona un cambiamento limitandosi ad autoingannarsi inventandosi risposte preconfezionate a riguardo.

Appurata quindi la necessitá di sporcarsi le mani con l'impegno personale, serve quindi un criterio per capire se ogni esperienza merita di essere vissuta, se "anything different is good" [1].

[1] Bill Murray, "The Groundhog Day", 1993

giovedì, novembre 13

GENESI

Chi sei? Sono un uomo di scienza di 25 anni che cerca di porsi domande ("Questioning everything" [1]) in qualsiasi campo possa rivelarsi interessante.

Perché un nuovo blog? Solitamente i blog sono tematici, personali, oscuri, lunghi e noiosi e ricchi di opinioni poco interessanti. Il mio scopo é di suscitare l'utilizzo di un metodo critico (con linguaggio semplice) in argomenti molto diversi tra loro, ma tutti facenti parte del bagaglio di conoscenze fondamentali dell'Uomo Rinascimentale.

Chi é l'Uomo Rinascimentale? Detto anche Homo Universalis o Polymath [2], egli é colui che, libero dai preconcetti tipici di chi é ancorato a una particolare e limitata prospettiva, non ha paura di affrontare qualsiasi ambito del sapere e delle attivitá umane contando sulle proprie capacitá. 

Ti credi migliore degli altri da poter insegnare? Questo blog non é inteso come una lezione da studiare, ma come una condivisione di esperienza nell'utilizzo di un metodo di critica, determinante nel (tras)formare una persona da uomo qualsiasi a Uomo Rinascimentale, ovvero in colui che non si fa sopraffarre da opinioni altrui ed ideologie, essendo in grado di crearne proprie (motivate e ragionate).

[1] R. Feynman, "Sta Scherzando, Mr. Feynman!"
[2] http://en.wikipedia.org/wiki/Polymath